Lungo tutta la penisola i cantieri continuano a chiudere: dalla Val d’Aosta alla Sicilia, il 70% sono già sospesi.
Gabriele Buia, presidente Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) lancia l’allarme: “La maggior parte ha chiuso o sta chiudendo. La situazione in cui ora ci troviamo – continua – è paradossale, come paradossali sono norme e istruzioni che riceviamo”.
Il paradosso è infatti lampante: se da un lato i decreti per il contenimento dell’epidemia da Covid-19 impongono la chiusura dei cantieri nell’impossibilità di osservare le rigide direttive anti-contagio, dall’altra le imprese rischiano di dover poi pagare i danni ai committenti, pubblica amministrazione in primis, per l’interruzione dei lavori.
“Noi non vogliamo chiudere i cantieri perché dopo quindici anni di crisi, tenere aperti i cantieri per noi è fondamentale e siamo coscienti che chiuderli potrebbe significare chiudere l’impresa per sempre”, prosegue Buia. Interrompere il flusso di lavoro e cassa comporta infatti gravi problemi alle imprese del settore tuttavia, ammette il Presidente dell’Ance: “la salute dei nostri lavoratori è la priorità assoluta, è al primo posto nei nostri pensieri e bisogna riconoscere oggettivamente che in un cantiere le occasioni di contatto possono essere numerose. Si aggiunga che le norme non ci aiutano perché noi dovremmo sanificare i locali e le cabine di manovra più volte al giorno, ogni volta che cambia l’operatore e non si trovano le imprese che effettuino questa attività. Stesso discorso vale per i fornitori di materiali, il ferro, il calcestruzzo, che in molti casi hanno già chiuso le fabbriche. In tutto questo riceviamo centinaia di telefonate ogni giorno da imprese di tutto il territorio nazionale che ci chiedono come interpretare le norme».
Da parte del governo sono in arrivo linee guida da osservare nei diversi settori, come l’accesso dei fornitori esterni, la gestione degli spazi comuni e l’organizzazione del cantiere.
Secondo l’Ance però questo non basta a mettere al riparo dalle insidie della burocrazia le imprese di costruzione. “Il governo – sostiene Buia – deve concederci lo stato di causa di forza maggiore. È assurdo che non sia ancora successo. Sia chiaro che non lo dico perché le imprese vogliono chiudere, ma non essere nelle condizioni di lavorare e poi dover pagare il prezzo di una interruzione dei lavori, è davvero l’ennesimo paradosso. E le contraddizioni si scaricano sempre sulle imprese”.
Dichiarare lo stato di causa di forza maggiore permetterebbe alle imprese di mettersi al riparo da eventuali rivalse degli stakeholders, tuttavia questo non viene riconosciuto poiché – secondo il governo – devono essere la singola amministrazione o la singola stazione appaltante a decidere se sia o meno il caso di interrompere il cantiere. “Il risultato – commenta Buia – è che opere rimaste ferme da anni improvvisamente sono diventate la priorità assoluta del Paese. C’è evidentemente chi non capisce quale sia oggi, la priorità dell’Italia, dei lavoratori, dei cittadini e delle imprese.