La crisi economica innescata dalla pandemia da coronavirus e lo slittamento del Codice della Crisi d’Impresa aggrava la situazione delle famiglie italiane.
La crisi economica e sociale innescata dalla pandemia da coronavirus ha determinato una repentina e piuttosto pesante perdita del livello redittuale per le PMI e per le famiglie, di conseguenza (e le prime stime purtroppo lo stanno già confermando).
Questo porta ad un necessario approfondimento in quanto mette in gravi difficoltà le famiglie italiane (DEBITORI NON FALLIBILI) che non possono contare sugli utili strumenti previsti dal Codice della Crisi d’Impresa.
I cosiddetti “crediti problematici” aumentano e purtroppo, a seguito dello slittamento dell’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa al 1° settembre 2021, gli strumenti giuridici a disposizione restano quelli della vigente legge n. 3/2012, con tutti i limiti e le debolezze emersi durante i suoi anni vita e nel suo limitato utilizzo, mentre avrebbero potuto offrire strumenti adeguati di contenimento del fenomeno, comportando un netto miglioramento degli strumenti giuridici oggi utilizzabili e il superamento di numerose questioni al momento di dubbia interpretazione da parte dei giudici.
All’interno del pesante quadro della crisi da coronavirus stiamo purtroppo assistendo ad un aumento generale del tasso di disoccupazione e ad un conseguente e grave deterioramento dei debiti delle famiglie italiane. L’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa prevista per il 15 agosto 2020 avrebbe fornito alcuni utili strumenti per gestire al meglio questa situazione. Purtroppo, lo slittamento al prossimo anno stabilito per sottrarre società e imprese medio-grandi già assoggettate a procedure fallimentari da ulteriori adempimenti e più stringenti norme, ripropone con severità il problema dell’inadeguatezza degli strumenti giuridici oggi disponibili.
Le nuove disposizioni in ambito di sovra indebitamento dei consumatori e delle famiglie (o meglio dei debitori non fallibili), contenute del Codice della Crisi d’impresa, avrebbero infatti portato ad un netto miglioramento rispetto all’adeguamento degli strumenti a disposizione per risolvere tali problematiche.
Questa situazione, la cui gravità è sotto lo sguardo di tutti, ancorché gli effetti più pesanti debbano ancora manifestarsi completamente, necessita di urgenti misure correttive, quantomeno per adeguare l’attuale l. n. 3/2012 alla peculiarità del contesto odierno.
A tal proposito dunque, nell’ambito di un Tavolo di Lavoro costituito da Università Cattolica (su invito della Diocesi di Milano, della Caritas Ambrosiana e della Fondazione San Bernardino, e in collaborazione con Fondazione Centesimus Annus, Prospera e Ucid), è stata elaborata e proposta una riforma della legge attualmente in vigore.
Con tale norma s’intende sottoporre all’Esecutivo l’urgenza di introdurre tra le altre: la nozione di indebitamento del nucleo familiare intero, piuttosto che individuale (assai meglio in grado di rispondere alle reali modalità con cui le crisi da sovra indebitamento si manifestano e vanno gestite); la possibilità della esdebitazione automatica, cruciale per consentire ai debitori la cosiddetta “fresh start”; una maggiore responsabilizzazione dei finanziatori, penalizzati nell’ipotesi di una imprudente concessione del credito.
Perché tali proposte possano avere l’effetto positivo desiderato, è inoltre fondamentale che, in attesa dell’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impesa, vi siano degli stanziamenti in forma di “ammortizzatori sociali” atti a rendere la proceduta economicamente sostenibile da parte dei soggetti indebitati e per poter affrontare i necessari piani di ristrutturazione.
Viene anche suggerito un rafforzamento organizzativo e di dotazione del Fondo di prevenzione dell’usura ex art. 15, l.n. 108/96, che sin dall’origine nasce proprio a questo scopo
Per approfondire tutti i temi legati alla Crisi d’Impresa e al sovra indebitamento contattaci liberamente per una consulenza.