Il Decreto Legge n. 23 indica novità e conferma quanto già riportato nella Bozza di qualche ora prima con misure tra l’altro in materia di
- Continuità delle imprese
- Adempimenti fiscali e contabili
Il Governo ha ritenuto inappropriato avviare l’applicazione di uno strumento nato per le crisi “ordinarie” d’impresa in un periodo in cui l’intero tessuto economico è colpito dalla recessione in atto.
Sarebbe dovuto entrare in vigore il prossimo 15 agosto il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (contenuto nel D.Lgs. n. 14/2019), destinato a soppiantare l’attuale legge fallimentare del ’42, con l’obiettivo di aggiornare ed articolare risistemando del diritto concorsuale.
Il nuovo Codice, infatti, è orientato, da un lato, a sanzionare e a prevenire le situazioni di crisi, introducendo un sistema di monitoraggio con strumenti di allerta, interni ed esterni all’impresa, per anticiparle e consentire un più tempestivo intervento per fronteggiarle; dall’altro, quando sia inevitabile “fallire”, a rendere meno traumatico tale evento, promuovendo una cultura del risanamento anziché dell’eliminazione delle imprese dal mercato.
Tuttavia, si ritiene opportunamente, il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, ha stabilito il differimento di un anno e 16 giorni dell’entrata in vigore del Codice della crisi, fissandola al 1° settembre 2021.
Emergono valutazioni peraltro contrastanti:
Secondo più soggetti e studiosi non sembra logico che pur davanti a questa crisi si paralizzi per un altro anno ancora lo strumento che proprio una simile crisi, sia pure relativa al peculiare ambito dell’attività d’impresa, era destinato a fronteggiare.
Il Codice vede l’insolvenza non più come illecito da sanzionare, ma come evento naturale nel quadro del rischio implicito nell’attività d’impresa e, dunque, per quanto fenomeno patologico, comunque statisticamente prevedibile, nel quadro delle ordinarie situazioni di crisi.
Purtroppo, però, quella attuale dovuta al Coronavirus non può certo definirsi una crisi “ordinaria”.
Per tale motivo è comprensibile che il Governo abbia ritenuto inappropriato e anacronistico dare vita ad uno strumento mai prima collaudato, e studiato per affrontare, in linea di principio, solo crisi “ordinarie”.
In una situazione in cui l’intero tessuto economico mondiale risulta colpito da una gravissima forma di recessione, gli indicatori di crisi previsti dal Codice non potrebbero svolgere alcun concreto ruolo selettivo, finendo di fatto per mancare quello che è il proprio obiettivo e anzi generando effetti potenzialmente sfavorevoli.
È questo – in estrema sintesi - il senso del rinvio dell’entrata in vigore del Codice e il succo della spiegazione che ne ha dato il Governo con la Relazione illustrativa che accompagna il decreto-legge.
Dunque, è pur vero che la filosofia del nuovo Codice è orientata verso il salvataggio delle imprese in crisi relegando la soluzione liquidatoria (l’attuale fallimento) ad extrema ratio, ma è altrettanto indubitabile che in questo particolare momento di crisi del sistema produttivo ed economico potrebbe verificarsi un fenomeno di “rigetto” del Codice.
Ora c’è incompatibilità tra uno strumento giuridico nuovo ed una situazione di sofferenza economica nella quale gli operatori più che mai hanno necessità di percepire una stabilità a livello normativo e di non soffrire le incertezze collegate a una disciplina ancora molto “incerta” ed inedita soprattutto.
Tra le varie soluzioni da adottare dovrebbe esservi l’emanazione di un decreto correttivo - già in corso di approvazione definitiva - che apporta vari miglioramenti alle norme del Codice e probabilmente una revisione complessiva degli indici economici posti a base del sistema di allerta. Ma anche – e qui si sale dal livello nazionale a quello internazionale – le misure di revisione dei requisiti patrimoniali delle banche, che, in un panorama di presumibile consistente incremento delle sofferenze, necessiteranno probabilmente di un’adeguata rivalutazione.
Caratteristiche, validità e come possono essere fatti i contratti
CAPO II
MISURE URGENTI PER GARANTIRE LA CONTINUITÀ DELLE IMPRESE COLPITE DALL’EMERGENZA COVID-19
Art. 4.
(Sottoscrizione contratti e comunicazioni in modo semplificato)
- Ai fini degli articoli 117, 125-bis, 126-quinquies e 126-quinquiesdecies del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, ferme restando le previsioni sulle tecniche di conclusione dei contratti mediante strumenti informativi o telematici, i contratti, conclusi con la clientela al dettaglio come definita dalle disposizioni della Banca d'Italia in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del presente decreto ed il termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020 soddisfano il requisito ed hanno l'efficacia di cui all'articolo 20, comma 1-bis, primo periodo, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, anche se il cliente esprime il proprio consenso mediante il proprio indirizzo di posta elettronica non certificata o con altro strumento idoneo, a condizione che questi siano accompagnati da copia di un documento di riconoscimento in corso di validità del contraente, facciano riferimento ad un contratto identificabile in modo certo e siano conservati insieme al contratto medesimo con modalità tali da garantirne la sicurezza, l'integrità e l'immodificabilità. Il requisito della consegna di copia del contratto è soddisfatto mediante la messa a disposizione del cliente di copia del testo del contratto su supporto durevole; l'intermediario consegna copia cartacea del contratto al cliente alla prima occasione utile successiva al termine dello stato di emergenza.
Il cliente può usare il medesimo strumento impiegato per esprimere il consenso al contratto anche per esercitare il diritto di recesso previsto dalla legge.
Codice della Crisi di Impresa: UFFICIALE. Entra in vigore dal 1 settembre 2021
Il cliente può usare il medesimo strumento impiegato per esprimere il consenso al contratto anche per esercitare il diritto di recesso previsto dalla legge.
Art. 5.
(Differimento dell'entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
- All'articolo 389 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, il comma 1 e' sostituito dal seguente:
«1. Il presente decreto entra in vigore il 1 settembre 2021, salvo quanto previsto al comma 2.».
Riduzione del capitale Sociale per perdita sotto il minimo legale non comporta lo scioglimento o la liquidazione della società
Art. 6.
(Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale)
- A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 31 dicembre 2020 per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile.
Principi di redazione del bilancio nella prospettiva della continuità aziendale
Art. 7.
(Disposizioni temporanee sui principi di redazione del bilancio)
- Nella redazione del bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020, la valutazione delle voci nella prospettiva della continuazione dell'attività di cui all'articolo 2423-bis, comma primo, n. 1), del codice civile può comunque essere operata se risulta sussistente nell'ultimo bilancio di esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020, fatta salva la previsione di cui all'articolo 106 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18. Il criterio di valutazione e' specificamente illustrato nella nota informativa anche mediante il richiamo delle risultanze del bilancio precedente.
- Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai bilanci chiusi entro il 23 febbraio 2020 e non ancora approvati.
Proroga dei termini di adempimento delle procedure concorsuali
Art. 9.
(Disposizioni in materia di concordato preventivo e di accordi di ristrutturazione)
- I termini di adempimento dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione omologati aventi scadenza nel periodo tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2021 sono prorogati di sei mesi.
- Nei procedimenti per l'omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione pendenti alla data del 23 febbraio 2020 il debitore può presentare, sino all'udienza fissata per l'omologa, istanza al tribunale per la concessione di un termine non superiore a novanta giorni per il deposito di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato ai sensi dell'articolo 161 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 o di un nuovo accordo di ristrutturazione ai sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Il termine decorre dalla data del decreto con cui il Tribunale assegna il termine e non e' prorogabile. L'istanza e' inammissibile se presentata nell'ambito di un procedimento di concordato preventivo nel corso del quale e' già stata tenuta l'adunanza dei creditori ma non sono state raggiunte le maggioranze stabilite dall'articolo 177 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
Improcedibilità dei ricorsi per la dichiarazione di fallimento
Art. 10. (Disposizioni temporanee in materia di ricorsi e richieste per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza)
- Tutti i ricorsi ai sensi degli articoli 15 e 195 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e 3 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 depositati nel periodo tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020 sono improcedibili.
- Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano alla richiesta presentata dal pubblico ministero quando nella medesima e' fatta domanda di emissione dei provvedimenti di cui all'articolo 15, comma ottavo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
- Quando alla dichiarazione di improcedibilità dei ricorsi presentati nel periodo di cui al comma 1 fa seguito la dichiarazione di fallimento, il periodo di cui al comma 1 non viene computato nei termini di cui agli articoli 10 e 69 bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
Sospensione dei termini di scadenza di cambiali e titoli di credito, sospensione per la levata dei protesti
Art. 11.
(Sospensione dei termini di scadenza dei titoli di credito)
- Fermo restando quanto previsto ai commi 2 e 3, i termini di scadenza ricadenti o decorrenti nel periodo dal 9 marzo 2020 al 30 aprile 2020, relativi a vaglia cambiari, cambiali e altri titoli di credito emessi prima della data di entrata in vigore della presente decreto, e ad ogni altro atto avente efficacia esecutiva a quella stessa data sono sospesi per lo stesso periodo. La sospensione opera a favore dei debitori e obbligati anche in via di regresso o di garanzia, salva la facoltà degli stessi di rinunciarvi espressamente.
- L'assegno presentato al pagamento durante il periodo di sospensione e' pagabile nel giorno di presentazione. La sospensione di cui al comma 1 opera su
a)i termini per la presentazione al pagamento;
b)i termini per la levata del protesto o delle constatazioni equivalenti;
c)i termini previsti all'articolo 9, comma 2, lettere a) e b), della legge 15 dicembre 1990, n. 386, nonché all'articolo 9-bis, comma 2, della medesima legge n. 386 del 1990.
Cancellazione degli eventuali protesti da parte della Camera di Commercio
d) il termine per il pagamento tardivo dell'assegno previsto dall'articolo 8, comma 1, della stessa legge n. 386 del 1990.
3. I protesti o le constatazioni equivalenti levati dal 9 marzo 2020 fino alla data di entrata in vigore del presente decreto non sono trasmessi dai pubblici ufficiali alle Camere di Commercio; ove già pubblicati le Camere di commercio provvedono d'ufficio alla loro cancellazione. Con riferimento allo stesso periodo sono sospese le informative al Prefetto di cui all'articolo 8-bis, commi 1 e 2, della legge 15 dicembre 1990, n. 386.