La pianificazione finanziaria e il Budget di Tesoreria
Alla luce di quanto definito dal nuovo Codice della Crisi d’Impresa, diventa fondamentale per un’azienda la pianificazione e il controllo finanziario.
Esistono due tipi di pianificazione finanziaria: una sul medio/lungo termine (5 anni), definita spesso da un Business Plan e una pianificazione sul breve periodo detto anche budget di tesoreria, generalmente sui sei mesi.
La pianificazione sul lungo termine permette all’imprenditore di valutare negli anni il rapporto di uscite e investimenti rispetto alla propria capacità reddituale e alla struttura finanziaria aziendale.
La pianificazione sul breve termine o Budget di Tesoreria, invece permette il costante mantenimento dell’equilibrio tra entrate ed uscite monetarie con un buon livello di dettaglio sulle diverse operazioni.
Il Budget di Tesoreria e il DSCR
È proprio qui che il Codice della Crisi d’Impresa fa fuoco.
Nell’art. 1 Comma 2, ’art. 389 del D.lgs. 14/19 “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” si definisce come il budget di tesoreria abbia lo scopo di monitorare che l’azienda disponga comunque di buffer di liquidità (cassa o linee di fido bancario) consentendo – in linea con il dettato normativo - di far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate.
Lo strumento risulta quindi fondamentale per gestire al meglio la salute di un’impresa soprattutto in uno scenario di crisi e incertezza come quello che stiamo vivendo, favorendo il dialogo tra le parti aziendali e il controllo sui risultati ottenuti per poter pianificare al meglio le strategie sugli scenari successivi.
Si tratta del concetto di flusso di cassa necessario per il servizio del debito, calcolato generalmente con l’indicatore DSCR (Debt Service Cover Ratio). Esso è, tra l’altro, uno strumento bancario consolidato per la valutazione della “bancabilità” dei clienti.
Un valore del DSCR inferiore a 1,1 (come indicato dalla BCE nel Manuale dell’Asset Quality Review) rappresenta una significativa difficoltà finanziaria dell’emittente o del debitore.
In Italia il Codice della Crisi d’Impresa, attraverso il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, ha individuato nel DSCR il principale driver per valutare la sostenibilità finanziaria di un’azienda, definendo in un valore superiore a 1 l’assenza di una ragionevole presunzione dello stato di crisi.
I due approcci nel calcolo del DSCR
Il metodo diretto.
Il DSCR deriva da un budget di tesoreria che rappresenti le entrate e le uscite di disponibilità nei successivi 6 mesi.
Al denominatore si sommano le uscite previste contrattualmente per rimborso di debiti finanziari (verso banche o altri finanziatori). Il rimborso è inteso come pagamento della quota capitale contrattualmente previsto per i successivi sei mesi.
Al numeratore si sommano tutte le risorse disponibili per il suddetto servizio al debito, dati dal totale delle entrate di liquidità previste nei successivi sei mesi, incluse le giacenze iniziali di cassa, dal quale sottrarre tutte le uscite di liquidità previste riferite allo stesso periodo, ad eccezione dei rimborsi dei debiti posti al denominatore.
Il metodo indiretto.
Il calcolo è effettuato mediante il rapporto tra i flussi di cassa complessivi liberi al servizio del debito attesi nei sei mesi successivi ed i flussi necessari per rimborsare il debito non operativo che scade negli stessi sei mesi.
Il calcolo è più complesso ed è adottato anche dagli istituti bancari.
Al numeratore, costituito dai flussi al servizio del debito, vanno inseriti: a. i flussi operativi al servizio del debito. Essi corrispondono al free cash flow from operations (FCFO) dei sei mesi successivi, determinato sulla base dei flussi finanziari derivanti dall’attività operativa applicando il principio OIC 10 (§§ da 26 a 31), deducendo da essi i flussi derivanti dal ciclo degli investimenti (§§ da 32 a 37 dell’OIC 10).
Il denominatore corrisponde al debito non operativo che deve essere rimborsato nei sei mesi successivi. Esso è costituito da: 1. pagamenti previsti, per capitale ed interessi, del debito finanziario; 2. debito fiscale o contributivo, comprensivo di sanzioni ed interessi, non corrente, cioè debito il cui versamento non è stato effettuato alle scadenze di legge (e pertanto è o scaduto ovvero oggetto di rateazioni), il cui pagamento, anche in virtù di rateazioni e dilazioni accordate, scade nei successivi sei mesi; 3. debito nei confronti dei fornitori e degli altri creditori il cui ritardo di pagamento supera i limiti della fisiologia. Nel caso di debito derivante da piani di rientro accordati dai fornitori/creditori, rileva la parte di essi, comprensiva dei relativi interessi, che scade nei sei mesi. Le linee di credito in scadenza nei sei mesi successivi sono collocate al denominatore salvo che se ne ritenga ragionevole il rinnovo o il mantenimento.
La scelta tra i due approcci è rimessa agli organi di controllo e dipende dalla qualità ed affidabilità dei relativi flussi informativi.